giovedì 15 ottobre 2015

Una fetta di paradiso

L’aereo mi aspetta per le 16.05. Ho poco tempo e sono affamato.
Questa zona di Milano è viva come poche altre aree della città. Illuminato e piacevolmente riscaldato dal sole, cammino lungo l’isola pedonale di corso Como. E’ una via densa di rumori, persone e situazioni. Deliziosi profumi stuzzicano il mio olfatto facendomi letteralmente venire l’acquolina in bocca. Mi diverto a scoprire, nel divenire della mia passeggiata, posti interessanti dove mangiare qualcosa al volo.

Mi ritrovo in Porta Garibaldi.
Come spesso mi capita d’innanzi ad un’opera d’arte, anche in questa occasione, rimango stregato dalla bellezza architettonica del magnifico ed imponente ingresso che porta al centro della città. Ho un debole per l’arte e l’architettura antica, nella quale il concetto del bello non era ancora soffocato dalla piaga dell’originalità, vista come componente fondamentale e quasi protagonista del valore di un opera.

Sulla sinistra della piazza, attira la mia attenzione una struttura in vetro che riflette nitidamente il mondo frenetico ed inarrestabile che la metropoli vive al suo cospetto. La scritta EATALY esce da questo gigante di vetro.
Ne ho sentito parlare. Proprio lì, se non sbaglio, doveva esserci il vecchio Teatro Smeraldo.

Mi avvicino. Una musica dolce cresce mentre mi dirigo verso l’ingresso, E’ Jazz !
Si tratta probabilmente di un musicista alla ricerca di qualche moneta in cambio delle emozioni che regala.
E’ una melodia molto sensuale, romantica, leggermente contaminata da una nota malinconica. Seguo quest’onda suadente che mi trascina sino a giungere a fianco dell’entrata di EATALY.

Una figura rivolta con le spalle al pubblico e con il petto verso il muro di vetro, quasi a sfioralo, si rivela essere la sorgente di questa musica così piacevole.
E’ una ragazza. I suoi capelli sciolti, ricci e rossi come il fuoco, accompagnano con il loro ondeggiare armonioso, le variazioni di tono e di ritmo delle vibranti emozioni che riecheggiano dal suo fiammante sassofono color oro.

Molti passanti incuriositi si fermano ad ascoltare pochi secondi per poi ricadere vittime della frenesia cittadina.
Mi avvicino per cercare di dare un significato alla sua inusuale posizione. Posso vedere riflesso nella vetrata un viso delicato, dalla pelle bianca leggermente macchiata da fitte ed impercettibili lentiggini.
I suoi occhi sono socchiusi e cinti da sottili ciglia che sembrano voler trattenere tutte le emozioni per convogliarle nella magia che regala vita al suo Jazz. Le sue sottili e rosee labbra accarezzano ed avvolgono il sax come in un bacio appassionato. Il mio sguardo è ormai preda del suo fascino. Sono emozionato ed ipnotizzato dal campo energetico sotteso tra lei, la sua musica ed il suo sax.

Improvvisamente apre gli occhi. Brillanti, straordinariamente vivi, si svelano rivolti verso di me. Non smette di suonare, ma qualcosa cambia nella sua musica. Rallenta di ritmo e diminuisce lentamente di intensità fino a spegnersi in una nota grave e prolungata. Le sue labbra abbandonano dolcemente il sassofono.
Si volta, mi guarda con simpatia e con grande naturalezza dice: “Ciao”.
E’ vestita esattamente come ci si immagina che si vesta un’artista. Calza, con originalità, un cappellino grigio scuro, un modello alla francese che porta leggermente inclinato sulla destra.
Il suo vestitino, in lana grigia, cade leggero sul suo corpo senza nasconderne le forme sinuose. Le sue gambe sottili ed affusolate rivelano una spiccata femminilità. Un paio di stivali pesanti contrastano con la delicatezza del suo corpo evidenziandone la grazia innata.

Leggermente imbarazzato le rispondo : “Buongiorno”.
La sua bellezza è disarmante. La sua semplicità ed il suo candore spontaneo e pieno di energia, tipico di chi non ha timore di vivere, mi stregano immediatamente.
Ho la sensazione di conoscerla da sempre, di sapere esattamente chi sia. Penso tra me e me che forse la sua musica, così sincera e carica di emozioni, mi abbia rivelato i suoi lati più intimi, aggirando qualunque tipo di comunicazione verbale e razionale.

Uno scambio di energia emozionale ci ha presentati molto meglio di tante parole.
“Ti piace il Jazz?”, mi domanda Beatrice, regalandomi un sorriso radioso dell’intensità di un’aurora.
“Oh si! Non sono un grande esperto, ma ciò che stavi suonando era veramente emozionante” “E tu? Sei un Manager? ”
“Si... qualcosa di simile”, le rispondo.

Ci guardiamo intensamente senza pronunciare più parola, continuando a comunicare attraverso sguardi privi di qualunque pudore che raggiungono luoghi emozionali riservati solo a pochi eletti. Sta succedendo qualcosa di straordinariamente raro, un vero e proprio colpo di fulmine mi ha scelto come vittima della sua amorevole folgorazione. Si sta creando un fortissimo legame passionale, istintivo, irrazionale, istanza di un archetipo d’amore sino ad ora rimasto silente nelle nostre anime.
Rompo il silenzio.
“Posso chiederti perché suoni rivolta verso il muro?”
“Si, certo! Lo faccio spesso. In questo modo la musica invece che disperdersi nello spazio, rimbalza ed avvolge il mio corpo facendolo vibrare. E’ una cosa che mi piace molto”.

E’ tardi.... rischio di perdere l’aereo. Devo andare.
“Bevi qualcosa?” Mi dice, curvando le labbra in un sorriso furbetto. “Certo!”, rispondo. “Come ti chiami?”
“Beatrice”
“Tu?”
“Andrea”

Entriamo da Eataly. Ci accolgono freschissimi profumi di frutta e verdura, presentata su banconi che ricordano mercati d’altri tempi.
Di fronte a noi, scopriamo che è ancora presente il palco del vecchio teatro. Guardo Beatrice come a chiederle se avesse mai suonato allo Smeraldo. La cosa non mi stupirebbe affatto, deve essere una musicista di alto livello.
Mi guarda e mi prende per mano amorevolmente. Il suo contatto mi emoziona, la sento liscia, delicata. Le sue mani sono fresche, le dita affusolate cingono le mie con una stretta salda e confortante. Avanziamo in un silenzio solo apparente, passeggiando in questa enorme biblioteca di sapori e profumi.

Ci sediamo per mangiare in un ristorante all’interno della struttura.
Seduta di fronte a me Beatrice diventa nervosa, irrequieta. Ci domandiamo vicendevolmente delle nostre vite, conoscendo già le risposte ed ignorando completamente tutto ciò che risulti al di fuori del nostro microcosmo.
Siamo entrambi consapevoli dell’amaro scherzo che il destino ha voluto riservare a due anime gemelle, affini, complementari, tenute a distanza per così tanto tempo.
E’ troppo tardi per amarsi, troppo tardi per condividere qualunque cosa sia nata al di fuori di questo castello di cristallo dove saremo destinati a salutarci per sempre.

Una volta alzati dal tavolo del ristorante, fuggiamo lontano dall’uscita per rimanere ancora
insieme. Saliamo su di una scala mobile che innalza il viso di Beatrice allo stesso livello del mio. E’ un attimo, sento il suo caldo respiro sulle mie labbra. Ci uniamo teneramente in un bacio tanto atteso. Non esiste più nulla intorno a noi. Siamo io e lei, qui ed ora.
La fine della scala mobile interrompe in nostro viaggio di passione.

Attraversiamo la zona dei vini. Beatrice deve certamente essere in grado di apprezzare la nobile bevanda. Scorre le etichette sfiorandole con un dito come se le conoscesse tutte.
Continuiamo il nostro vagare avanzando in senso orario lungo il piano e rimaniamo incantati come due bambini di fronte ad una immensa cascata di cioccolato.
Sappiamo bene entrambi di essere dei gran peccatori e affamati di qualunque piacere che sia in grado di farci sentire vivi e che possa dare vigore alla nostra esistenza.

Cerchiamo quindi conforto e realizzazione nei dolci che una magnifica vetrina ci propone. Sappiamo bene che questa sarà l’ultima portata del nostro intenso, breve e soffocato amore. Beatrice ordina una fetta di Sacher, alludendo ad un’analogia tra me ed i caratteri del dolce. Intenso, profondo, dolcissimo!
Io, in risposta, ordino una magnifica fetta di Red Velvet cake rossa come il fuoco. Lei sorride divertita.
Lo sguardo di Beatrice improvvisamente cambia espressione. Gli occhi si distendono e sembrano perdere la loro luce. Smarriscono il loro punto di fuoco e abbandonandosi l’infinito. Le sue labbra accompagnano il movimento dello sguardo. Tutto il viso assume un’espressione di vuoto.
Una voce importante tuona alle mie spalle : “ Beatrice.... eccoti finalmente!! Lei sorride composta.
E’ un uomo sulla cinquantina, vestito sportivo ma con classe.
“Ciao Cara”, le dice.

Lei mi guarda con tenerezza mentre, alzatasi, risponde al saluto. “Devo andare Andrea.”
“E’ stato molto bello incontrarti. Sei una persona speciale”
Non capisco.

“Muoviti Bea che ci aspettano!”
Beatrice lo raggiunge passandomi a fianco senza abbandonare il nostro contatto visivo. Le nostre mani si sfiorano, i nostri corpi si sfiorano, i nostri cuori si sfiorano.

Mi saluti sussurrando : “Grazie Universo!!!”
Sono paralizzato, ti guardo andare via consapevole della mia impotenza, certo di essere qualcosa per te e consapevole di non essere nessuno.
Ti allontani, sento svanire il tuo profumo.

Sul tavolo i nostri due dolci, affiancati l’un l’altro, sono l’ultimo atto della nostra passione.
Guardo la red velvet e ti rivedo nitidamente, sento di nuovo la tua presenza.
Sei dolce, rossa come il fuoco. Il tuo colore pallido è macchiato da impercettibili lentiggini rosse, briciole della passione che racchiude il tuo cuore.
Ha catturato la mia attenzione il tuo colore radioso. Ti ho sentita, sinuosa nelle tue armonie ed equilibrata nelle tue note dolci.
La tua gioia zuccherina impossibile da trattenere è incontenibile e sovrasta qualunque altra tua dote.
Il tuo profumo di vaniglia è irresistibile, dolcemente mi coccola, mi assopisce, stordisce i miei sensi cullandomi verso un piacevole torpore.
Sei generosa, porti dolcezza a tante persone che gioiscono assaporando le tue melodie.
Questa volta però sei stata solo mia! E le tue dolci note hanno vibrato solo per me!
Ti avvicino alle mie labbra, ti assaggio ancora una volta, ti gusto, consapevole che finirai e che di te riserverò solo il ricordo di una dolcezza infinita.


Alzo lo sguardo, non ci sei più! “Cameriere un’altra fetta per favore!” 

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